I borghi dei versanti calabro e lucano del Parco Nazionale del Pollino
Borghi caratteristici ricchi di cultura ed immersi nella natura incontaminata
> LINK UFFICIALE COMUNE DI SAN BASILE
> GALLERIA FOTOGRAFICA
Prevalentemente collinare l’abitato è situato alle pendici dei monti boscosi Carci, Cozzo di Scampo, Llaka, Erta della Roccia e Erta della Lepre tra il maestoso Massiccio del Pollino a nord e la sottostante Piana di Sibari e il mar Ionio ad est.
San Basile è un piccolo comune albanofono in provincia di Cosenza al centro di
un triangolo italofono formato dai comuni di Castrovillari, Morano, Saracena.
L’abitato è posto a 540 m slm ed è costeggiato dal fiume Coscile (antico Sybaris). Ha una popolazione di circa 1100
abitanti, una superficie di 18,48 kmq.
Il clima è mediterraneo con inverni piovosi e temperati con occasionali gelate notturne nei mesi più freddi
ed estati non eccessivamente calde.
Per secoli il sostentamento del paese derivò esclusivamente dall’agricoltura e dall’allevamento; queste attività
economiche sono presenti ancora oggi ma in maniera esigua sia per il graduale spopolamento causato dalla massiccia
migrazione verso i centri industriali del Nord Italia, sia perché quasi la maggior parte degli abitanti è dedita ad
altre attività.
L’agricoltura oggi è praticata soprattutto per il fabbisogno familiare. I principali prodotti sono: olio, vino, frutta e
ortaggi.
L’allevamento di bovini e ovini è modesto e poco praticato.
Sono presenti attualmente piccole aziende a conduzione familiare come un panificio, un’apicoltura e tre frantoi.
"ANTICO SENTIERO DELLE CALCINAIE"
Itinerario ad anello che attraversa i rimboschimenti di pino e i querceti misti alle pendici di Cozzo di
Scampo.
Ruderi dell’antica città di Sassonia e grotta di “Donna Marsilia” localizzati a circa 3Km dal paese sulla suggestiva strada che conduce a Morano Calabro.
Il territorio comunale di San Basile ricade nell’area del Parco Nazionale del Pollino. La flora e la vegetazione
sono costituite da boschi di lecci, querce ed estesi uliveti.
Nel territorio sono anche presenti forme di vegetazione arbustiva sempreverde che vengono denominate
“macchia mediterranea”.
L’habitat del territorio ospita una fauna calda tipo istrice (histrix cristata), fauna temperata tipo capriolo (capreolus capreolus) nel limite terminale del territorio del Parco Nazionale del Pollino. La fauna è stratificata secondo piani di altitudine e secondo un principio ecologico: l’istrice frequenta le zone basse e soleggiate, le pendici aride e pietrose coperte da rada macchia mediterranea; il capriolo abita, in misura limitata e circoscritta, le aree forestali intermedie e le zone boscose e riparate, le parti umide e fresche.
Altri mammiferi presenti nel territorio sono la faina (mustela foina), la puzzola (mustella putorus), il cinghiale.
Fra gli uccelli si ricorda la presenza di una serie di falconi come la poiana (buteo beteo), il gheppio (falco
tinninculus), il corvo comune (corax corax), la ghiandaia (garrulus glandiarius), l’upupa (upupa epops),
il cuculo (cuculus canorus) e il colombaccio (colomba palumbus).
Sono presenti, inoltre, varie specie di passeriformi. La fauna erpetologica comprende rettili altamente interessanti
come la vipera di hughy e altri numerosi serpenti non velenosi tra i quali il cervone (elephe quetor limate).
La storia di San Basile è subordinata a quella dell’antico Cenobio Bizantino di San Basilio Craterete attorno al quale sorse, verso la fine del X-XI secolo il nucleo originario del borgo ad opera dei padri del Monastero per dar comodità ai contadini addetti alla coltura delle terre del cenobio. Il piccolo borgo era costituito da popolazione latina ebbe un notevole incremento alla fine del XV secolo in seguito alle migrazioni albanesi verificatesi per sfuggire alla conquista turca dei Balcani e della Grecia dopo la morte dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Scanderbeg. CONTINUA...
Il rito bizantino, detto anche rito costantinopolitano e conosciuto in Occidente anche con il nome di rito greco, è il rito liturgico utilizzato (in diverse lingue) da tutte le Chiese ortodosse d'Oriente e da alcune chiese sui iuris di tradizione orientale all'interno della Chiesa cattolica, soprattutto nel passato denominate anche uniati. Esso ha origine nella città di Costantinopoli (l’odierna Istanbul, la città più popolosa della Turchia). È uno dei cinque riti delle Chiese orientali. CONTINUA...
La lingua parlata dagli arbëreshë è l'arbërisht, varietà antica del tosco (toskë), dialetto meridionale dell'albanese. In qualche centro è misto con inflessioni tratte dal ghego (gegë), il dialetto parlato nel nord dell'Albania, con il greco antico e con contaminazioni con i dialetti meridionali sviluppatesi durante la permanenza in Italia.
Quella arbëreshe appartiene al gruppo di minoranze di antico insediamento che hanno poca contiguità territoriale con il ceppo d'origine; è, infatti, una vera isola linguistica di antica tradizione, che ha tramandato, attraverso i secoli, e perlopiù oralmente, il patrimonio linguistico, culturale e religioso. CONTINUA...
L'odierno Municipio è in realtà l'antica Chiesa Madre edificata dai profughi albanesi per volere del Vescovo Marino Tomacelli nel 1500 e dedicata a San Gennaro.
La villa che si trova al centro della piazza di G. K. Skanderberg, è indubbiamente il luogo di ritrovo, il punto d'incontro, di scambi di idee e di soggioro della comunità.
Un cammino sulle tracce dei minatori emigrati di San Basile che con il loro lavoro nelle gallerie hanno promosso e sostenuto, negli anni passati, lo sviluppo del paese.
Gli alberi sono essenziali per la nostra salute, essi diventano simbolo d'importanti eventi storici, culturali, tradizioni o semplicemente identificano l'identità di un luogo e della gente che vi vive.
Il supporto da un punto di vista architettonico è un caratteristico vicolo coperto ma può anche indicare un passaggio sotto una casa da una strada ad un'altra.
La fontana del Krojo situata in via Garibaldi, fu aperta al pubblico nel 1862 per volontà dell'allora sindaco, il cavalier Giovanni Damis che fece dono così alla cittadinanza di un gran bene.
A San Basile, la sera del Giovedì Santo, quando si sono ormai concluse tutte le funzioni Liturgiche, persiste
l’antichissima tradizione di cantare la Kalimera della Passione di Gesù Cristo. Questo è un canto, scritto dal
papàs Giulio Variboba, che narra della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo e si tramanda oralmente da
secoli.
Esso è eseguito in chiesa da un gruppo di cantori collocati dietro l’iconostasi, nello spazio separato dai fedeli e
interdetto alle donne, che rappresentano il coro delle lamentatrici.
CONTINUA...
All’alba della domenica di Pasqua si celebra il Kristòs Anesti. Il papàs con la croce percorre le vie principali del paese e insieme ai fedeli, soprattutto giovani, porta l’annuncio della Resurrezione cantando “Kristòs Anesti/Krishti u ngjall Cristo è risorto”.
Arrivati davanti alla porta della chiesa, che viene tenuta chiusa, il parroco batte per tre volte con la croce alla porta e, al terzo tentativo, la porta si apre consentendo l’ingresso nella chiesa illuminata a giorno cantando l’Inno della Resurrezione. CONTINUA...
Anticamente la Vallja si svolgeva il pomeriggio della domenica di Pasqua, il lunedì e il martedì, oggi solo
il martedì (t’martin e Pashkvat). Secondo la tradizione essa aveva luogo per rievocare e festeggiare una grande
vittoria riportata da Skanderbeg sugli invasori turchi proprio nell’imminenza della Pasqua cristiana, la battaglia
di Kruja il 24 aprile 1467.
È una danza popolare che trova somiglianza nella danza pirrica dei greci ed in quella illiro-albanese.
CONTINUA...
Anche il costume veshia si è tramandato per secoli e costituisce uno tra gli elementi della nostra identità culturale arbëreshe. Antichi documenti notarili testimoniano che esso faceva parte della dote delle giovani spose di San Basile. Qui esistevano due tipi di abiti stolit: il llambadhor e l’abito di mezza festa o second abti. CONTINUA...
La Chiesa di San Giovanni Battista è stata costruita dopo la venuta degli albanesi, verso la metà del XVIII secolo, precisamente nel 1791 come testimonia la data che si trova scolpita sul cornicione dell'edificio stesso. Secondo le testimonianze orali, fu edificato dalle maestranze locali e dagli abitanti del paese, che per giorni trasportarono i materiali utilizzati. Lavori ben più ampi furono eseguiti sulla costruzione per interessamento della Curia Vescovile di Cassano da cui San Basile dipendeva, per questo motivo, lo stile della Chiesa non è bizantino, ma tardo-barocco.
L'esterno dell'edificio, si mostra semplice, con un campanile non molto alto, dotato di campane costruite
nel 1500, sicuramente appartenute al Monastero di Colloreto. L'ingresso principale è costituito da tre porte
di legno, opera di artigianato locale.
La planimetria della Chiesa è con tre navate e con l'altare maggiore posto sotto l'arco trionfale.
L'architettura interna è tipicamente barocca con fregi e figure angeliche. Per adattare lo stile alle particolari
esigenze del rito bizantino, nel 1930 è stato abbattuto l'altare maggiore per la sua struttura irregolare e
sostituita da un quadrato sormontato da un baldacchino.
Con la forma quadrata, il prezioso Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, viene distribuito ai quattro
punti cardinali della terra.
L'altare, è separato dal resto della chiesa da un tramezzo ligneo detto iconostasi, simbolica finestra
dell'eternità. L'iconostasi è ricca di icone e dipinti di valore.
Il Monastero basiliano di Santa Maria Odigitria è la continuazione dell'antico monastero di San Basilio Craterete, fondato tra la fine del X secolo e l'inizio dell'XI secolo. Sorge in una panoramica posizione alle pendici di monti boscosi tra il maestoso massiccio del Pollino a nord e la sottostante piana di Sibari ad est.
La Chiesa di Santa Maria Odigitria conserva gelosamente, di fronte all'altare maggiore, un affresco che
rappresenta il busto di una madonna vestita di azzurro sotto il manto rosso e con la testa coronata e da cui
scende fin sulle spalle un velo verde chiaro campeggiante su una grande aureola giallo oro.
È un pezzo dell'intero affresco, salvato nel XIII secolo, ed unico resto dell'antico cenobio di San Basilio che
esisteva già da almeno tre secoli.
L'iconostasi, alta transenna che separa il Vima o Santuario dalla navata, viene chiamata così perché è decorata di
sacre icone.
È la caratteristica delle chiese di rito bizantino ed ebbe origine in seguito alla restituzione del culto
delle sacre immagini (anno 843).
La chiesetta di Sant'Anna situata nell'omonima piazza è strutturata in muratura: nel 2011 a cura di una coppia di fedeli locali ora residenti negi USA, la cappella è stata restaurata; al suo interno conserva un'antica icona della Santa che porta in braccio la Madonna Odigitria.
Presunta è l'appartenenza nel XIX secolo dell'edificio ad un discendente di Napoleone Bonaparte; in seguito
fu acquistato dal sindaco Giovanni Damis.
La cappella è aperta in occasione delle festività patronali.
I racconti degli appassionati di montagna, degli amanti della natura, dei sognatori. Un parco nazionale, quello del Pollino, e mille storie.
Inviaci a info@isentieridelpollino.it la tua storia, le tue foto, i tuoi video: pubblicheremo la tua esperienza su questo sito e nei nostri canali social.